Da 5 anni a Como, nella città dove c’è un pezzo di cuore. Il capitano del Como 1907, Alessandro Bellemo, si racconta. Gli inizi nella sua città, Chioggia, il braccialetto portafortuna del nonno, il gruppo storico e una stagione da incorniciare.
Tutto parte…da Chioggia
Alessandro inizia a giocare a calcio seguendo le orme del fratello Stefano: “Nella mia famiglia il calcio si è sempre seguito: da mio papà Bruno, a mio nonno Stellio, a mio fratello, che ha cominciato a giocare nella squadra della mia città, Chioggia. Io, da fratello minore, volevo diventare come lui. Abbiamo iniziato a giocare in strada, nei campetti. Mio fratello è stato colui che maggiormente mi ha influenzato all’inizio e che, nel momento in cui, dalla mia città, sono passato a giocare a Padova, mi ha spinto a continuare”.
Dai libri ai documentari
Del calcio – tra i suoi giocatori preferiti da bambino, Kakà – Alessandro dice: “Quest’anno, quando è stato possibile, ho seguito molto la serie B. Per il resto, non guardo molto calcio, cerco di fare altro e di guardare altri sport”. Tra i suoi passatempi, su tutti le parole crociate, i libri e i documentari: “Ho pensato spesso di iscrivermi all’università, a Scienze Motorie, ma tutte le volte in cui mi è sembrato di essere convinto, alla fine mi sono tirato indietro. Mi dispiace ma penso che, ora, arrivato a questi livelli, sia giusto concentrarsi pienamente sul lavoro. Nel tempo libero cerco sempre di informarmi, guardo documentari, seguo travel blogger. E leggo molto, titoli diversi, in base al momento. Come il libro di Liliana Segre, che ho letto dopo il nostro incontro quest’estate in ritiro, o i tre libri che ho letto per migliorare l’inglese”.
Il cuore a Como e un gruppo di amici
Dell’esperienza a Como, Alessandro dice: “Fantastica”. E se 5 anni fa, quando è arrivato, gli avessero detto che sarebbe stata così emozionante? “L’ambizione c’è sempre stata – dice – e si è sempre percepita. Ma poi tra il dire e il fare…Siamo stati bravi noi ed è stata brava la società a metterci a disposizione tutto ciò che serviva”. Tra i momenti preferiti di questi anni: “Nel cuore porto due vittorie in particolare: quella con il Livorno, che arrivava dopo una sconfitta, e quella con l’Alessandria, che ha sancito la promozione in B”. Una parte del suo cuore, di certo, è a Como. Insieme al gruppo di amici che qui è nato: “Il gruppo storico di questa squadra è quello che per me è diventata una compagnia di amici”. E tra tutti, un vicino di casa speciale, Matteo Solini: “Con Solini condivido tantissimo, anche solo per il fatto di abitare nello stesso condominio e di andare sempre agli allenamenti insieme”.
Gli spaghetti alle vongole
Se un luogo speciale per Alessandro è il lungolago di Como, dove passeggia per rilassarsi e che, anche dopo 5 anni, riscopre sempre come un “posto emozionante”, da vero chioggiotto, porta in alto la bandiera degli spaghetti alle vongole che ama mangiare al Delfino Blu di Lipomo, un ristorante che, più che un ristorante, dice, “è una famiglia, il luogo dove festeggiamo le vittorie e dove stiamo benissimo”.
Il braccialetto del nonno
Scaramanzia prima della partita? No. Più che altro una routine: “Se sono a casa prima della partita, ho bisogno che la mia ragazza mi dia l’in bocca al lupo. Se sono fuori, che me lo scriva via messaggio. E poi porto sempre con me un braccialetto di mio nonno”.
Una vita al campo
Alessandro racconta che è il primo ad arrivare al campo per gli allenamenti e l’ultimo ad andarsene: “La prima cosa che ho detto alla mia ragazza quando, dopo 2 anni che ero a Como, ha deciso di trasferirsi qui è stata: guarda che io sto al campo” (ride). Sulla sua vita da professionista, dice: “Dedico tanto al recupero, alla palestra, al mangiare sano. Poi, ecco, quando si vince una partita, una gioia me la concedo, perché penso sia giusto”. La sua giornata tipica inizia di mattina, al campo, fino al ritorno a casa nel pomeriggio, riposo, spesa, cena e di nuovo riposo: “Se ho un giorno e mezzo o due liberi torno sempre a casa, a Chioggia. In altri momenti vado sul lago o a Brunate”.
I valori e tanto lavoro
Guardandosi indietro, Alessandro dice: “Farei tutto quello che ho fatto. Ho avuto la fortuna di avere una famiglia che mi ha educato bene e che mi ha insegnato i valori della vita”. E a un giovane che volesse seguire le sue orme, dice: “Niente è impossibile. Attaccati ai valori, sii disposto a fare dei sacrifici”.
Un’incredibile stagione da capitano
“Scendere in campo con la fascia da capitano – dice Alessandro – è un onore per me. Io scendo con la fascia ma i capitani, in questo gruppo, siamo in tanti, è una squadra fatta da più colonne portanti”. E sul rapporto con i tifosi dice: “Sento il loro affetto che è totalmente ricambiato. Penso che i tifosi apprezzino il fatto che abbia sempre sudato la maglia, che non sia mai stato fuori luogo come capitano, che cerco – anche se magari non sempre ci riesco – di fare le cose bene”.